Un monumento ai migranti

A Roccamorice, all’altezza del bivio per Santo Spirito e la Majelletta, c’è un monumento ai migranti. Non stupisce, se si pensa che, generazione dopo generazione, oltre metà della popolazione di queste terre si è distribuita nei cinque continenti. Un flusso ininterrotto durato fino agli anni ’70 del XX° secolo. Recentemente, la rivista Internazionale ha pubblicato una raccolta di fonti giornalistiche dei paesi di arrivo che risalgono dalla fine dell’Ottocento ai giorni nostri e che forniscono un quadro di come essi venissero e vengano accolti (https://www.internazionale.it/opinione/andrea-pipino/2020/11/10/in-cerca-di-fortuna-internazionale-extra; https://www.internazionale.it/opinione/giovanni-de-mauro/2020/11/19/paradiso-emigrati-italiani ).

Gli Italiani delle grandi migrazioni avvenute a cavallo del XIX° e il XX° secolo erano descritti come pezzenti, ignoranti, affamati, violenti, asciutti nel corpo e avvezzi alla fatica. L’immagine è quella di soggetti a dir poco spaesati che venivano considerati, per lo più, brutti, sporchi e cattivi.

I detrattori di questi “miserabili”, tuttavia, non potevano negare che il loro tessuto sociale era solido, basato sulle tradizioni di famiglia e caratterizzato dalla presenza di madri amorevoli e instancabili, così come di tenaci lavoratori e di validi artigiani.

I giudizi più sprezzanti erano sicuramente viziati da un sentimento profondo di xenofobia o, anche, dall’intolleranza religiosa e culturale che animava la componente anglosassone, puritana ed evangelica della società americana nei confronti dei popoli di tradizione cattolica ed ebraica.

A ogni modo, quello che spezza il cuore nella scultura è la disperazione del bimbo che si aggrappa alla gamba del padre in partenza. Invece, quello che è paradossale è la scritta secondo la quale i migranti portavano nel cuore ” l’amor di Patria”. Infatti, bisogna prendere atto che il patriottismo ha molte sfaccettature e che, certe volte, la Madre Patria è la peggiore Matrigna. Certamente lo era per gli emigranti di Roccamorice poichè si emigra dall’Abruzzo, non per mancanza di tradizioni, di modelli economici agropastorali evoluti, o di un clima temperato, ma – principalmente – per fame e mancanza di lavoro.

Il tracollo dell’economia delle montagne abruzzesi si situa dopo l’Unità di Italia e le “riforme” a guida sabaudo-piemontese fecero rimpiangere il dominio borbonico in queste zone.

Una delle innovazioni introdotte dai nuovi sovrani unitari fu l’avvio della propaganda patriottica e la lotta contro il brigantaggio meridionale si avvalse dell’affermazione di questo principio.

In poche parole il concetto di Patria, storicamente e ove utilizzato per promuovere un governo antidemocratico, ha fatto più danni e più morti della peste bubbonica.

Il patriottismo trasformato in motivazione per un nazionalismo guerrafondaio e sovranista è un concetto inventato, discriminate, imposto con indottrinamento antistorico e mira a costituire un’attitudine e un’identità il cui valore centrale è la pura ostilità nei confronti del diverso.

Il patriottismo ha una prospettiva viscerale: mangia e caca. È la versione assassina di Mr Hyde che ci viene presentata come se fosse “normale” , celando così l’intenzione di negare la possibilità concreta di una coincidente e naturale tendenza a convivere in  modo inclusivo e pacifico da parte dei cooperativi e compassionevoli Dott. Jeckyll.

Pur ammettendo che il patriottismo possa avere anche delle virtù, oggi l’uso che se ne fa è una bufala, uno slogan, una truffa per gonzi e, ciò, nel più profondo e mesto  rispetto dei milioni di persone spinte dalla propaganda patriottica all’ignoranza, all’indottrinamento, al sacrificio della vita, a combattersi, a farsi del male.

Oggi, a guardarsi intorno, hanno più veleno e istinto aggressivo in corpo i cosiddetti patrioti, di un serpente a sonagli affamato.

Diversamente, la compassione non ha bandiera, la sofferenza non ha età, la pace non ha colore, la migrazione non ha vergogna.

La politica sui migranti è una delle questioni contemporanee più complesse che emergono dal modello di sviluppo fondato sul liberismo sfrenato, la deregulation, il massimo profitto, la globalizzazione delle merci e l’incremento esponenziale della popolazione mondiale. Si tratta di una questione che si sviluppa sullo stesso piano della pandemia da COVID-19, delle crisi climatiche, della desertificazione , delle monocolture intensive e dello scioglimento dei ghiacci, della vertiginosa aggressione che subiscono la biodiversità e le risorse non rinnovabili, delle diseguaglianze, delle dittature, delle “mafie” e della corruzione.

Se si vuole intervenire su tutti e ciascuno dei “no deal” che l’umanità sta giocando contro se stessa e contro la natura intera, si deve cambiare il modello di sviluppo.

In altre parole, si deve assumere la prospettiva di “salvare il pianeta” insieme ai suoi abitanti. Si può trovare, volendolo, un modo efficace, efficiente, egualitario e universale per farlo, ma deve anche essere chiaro che i presupposti degli attuali equilibri geopolitici vanno ribaltati e , con loro, anche i modelli economici e le politiche attuali.

Le idee e la tecnologia devono alimentare il nuovo mondo rivisitato, ma guai a pensare che tale concretizzazione si regga solo sulle macchine, le intelligenze artificiali, gli uomini forti  o, peggio, le ideologie autocratiche e autoreferenziali.

Per assurdo (e per dignità umana), mancando elementi certi di proposizione valida per tutti, l’unico modo per affrontare la questione è costruire un progetto attuativo sulle lacrime delle donne, dei giovani speranzosi, dei vecchi e dei bambini lasciati a languire nel sottosviluppo e nello sfruttamento che domina nelle loro aree d’origine, o a marcire e congelarsi nei campi di rifugiati , o a subire il lavaggio del cervello nelle zone di “rieducazione” ( come quelle per gli Uiguri in Cina) affollati di persone vere che vengono tramutati in zombie.

Non vi è dubbio che la politica sui migranti è una delle più grandi vergogne europee e siamo tutti coinvolti, siamo tutti aguzzini croati o libici che torturano gente a cui viene strappata di dosso anche la minima dignità e prospettiva del futuro. D’altronde, che differenza fa , per il singolo individuo, essere straziato dal filo spinato del confine europeo o da quello dei recinti dei lager nazisti?

Non è facile dimostrarsi privi di una responsabilità morale per tutto questo, sebbene non siamo tutti animati dallo stessa mancanza di pietà, di senso di responsabilità, o di lungimiranza.

Peraltro, c’è un numero crescente di persone e di tecnici capaci di indicare la strada che porta all’attuazione di modelli incrementali ed evolutivi di economie sostenibili situate nelle specificità culturali e territoriali dove si manifestano le esigenze di vita e i determinanti di salute.

E allora viene tristemente a galla, per esempio, Salvini con i suoi respingimenti fatti programma politico.

Nel 2019 Salvini aveva sicuramente dei complici nel Governo Conte 1. Il Conte 2, a parte l’aver trasformato i Grillini da “populisti di destra” in “populisti di sinistra”, in generale, non ha fatto molto a questo riguardo. Tuttavia, per lo meno, non ha aspirato a ottenere consensi sull’odio verso i migranti di un certo genere di popolo sovranista (in quale, va notato, non ha un gran che a che fare con il concetto democratico di popolo sovrano).

I SalviGrillini, più o meno d’accordo tra di loro e sotto gli occhi incuranti dei nostri fottutamente egoisti partner europei, hanno impedito ad alcune centinaia di migliaia di disperati tenuti in ostaggio nei lager libici , turchi o a largo della costa, di essere portati in salvo. Ciò a beneficio di un linguaggio e un orientamento politico spietati, immemori del dolore che hanno sofferto i nostri antenati e, soprattutto, privo di una coerente prospettiva politica nazionale e internazionale.

Salvini e i suoi patriottici compari che da Grilli si sono ora trasformati in Meloni non vanno messi in galera. Sarebbe molto più istruttivo spedirli con la valigia di cartone e qualche bustona di plastica in Afganistan, in Siria, in Pakistan, o in Sudan, o nei campi profughi innevati sui confini bosniaci.

Sicuramente verrebbero trattati da pezzenti, ignoranti e delinquenti, magari anche da patrioti, mentre è tutto da dimostrare che possano essere apprezzati come valenti lavoratori e bravi artigiani.