Pedalare necesse est

Pedalare necesse est. Questo è l’imperativo attuale che si prolungherà nei prossimi anni.

La grande aspettativa per l’apertura del percorso ciclabile litoraneo in Abruzzo  si è sciolta con il (quasi) completamento della porzione che segue l’andamento della Costa dei Trabocchi. In un periodo in cui l’Abruzzo (anche in ragione delle restrizioni dettate dal Covid)  sta diventando una meta ambita per i turisti italiani e stranieri questa opportunità è fonte di entusiasmo e, ovviamente, di riflessioni sul grado di preparazione del territorio all’opportunità  che si pone.  Per cominciare, si potrebbe guardare dall’alto gli oltre cento chilometri di pista che attraversa 19 Comuni in tre Province. A ogni confine comunale il percorso cambia colore, segnaletica, illuminazione modalità di raccordo con la viabilità urbana, forma, sedime stradale, o “marciapiedale” e destinazione d’uso.

Certamente è cosa unica al mondo una “Pista Arlecchino” o “Gianburrasca” che dir si voglia e questo merito va riconosciuto alle Amministrazioni che si sono adoperate generosamente per distinguersi in modo che “la mano sinistra non sapesse cosa fa la mano destra”.

Il discorso è simile a quello irrisolto della Strada Parco a Pescara: è frutto della mentalità tribale,  autoritaria e cooptativa, dell’ambiguità e della natura brevilinea  delle Amministrazioni Comunali e, peggio, Provinciali che si sono succedute.
Si sa che la preparazione in Italia si sviluppa sul campo. In altri termini, il metodo è quello dell’improvvisazione per tentativi ed errori che grava in particolare a causa del cosiddetto spoil system, che prolunga i processi o che anticipa le catastrofi e lascia macerie, sfiducia nelle istituzioni, populismo campanilistico, corruzione  e altre brutture dietro di sé.
Guai a pensare che le Scuole o le Università, gli operatori turistici, i gestori delle infrastrutture di servizio , le Amministrazioni locali,  gli Enti Statali e  così via riescano a coordinare azioni comuni, ad adunare Conferenze di Servizio, Consorzi e Reti; a strutturarsi collettivamente e in tempo, magari basandosi sulle esperienze di comparti affini, di buone pratiche misurabili, di leadership tecnologica, imprenditoriale e politica, o di  previsioni possibili di certi fenomeni.
Chi non è abruzzese, non sa che la Costa dei Trabocchi, fiore all’occhiello della Via Verde ciclabile è stata trattata (finora) al pari del comparto sciistico di Passo Lanciano. Questo, per chi non lo sapesse, è anche la via d’accesso al versante settentrionale della Majella, dotato di un innevamento superiore alla maggior parte delle montagne, quantomeno,  Abruzzesi. Poteva essere una “perla” degli Appennini, un accesso sicuro alle vette e al Parco Nazionale su un percorso a vista “dalla Montagna al Mare” che si trova in pochissime regioni del mondo.

“Homo homini lupus” è la frase che campeggia sul quadro abbastanza desolante delineato dal comportamento degli aborigeni che non conoscono la parola programmazione e non si emancipano da una politica ” di branco” servile, all’unisono predatoria e – se non criminogena – quantomeno votata al sottosviluppo e all’assoluta mancanza di politiche attive del lavoro mirate a sostenere le potenzialità del territorio a favore dell’occupazione e del benessere delle giovani generazioni.

All’istante attuale, gli operatori turistici non riescono a credere a quanto accade.
I pochi strutturati non hanno mai conosciuto una situazione più florida e promettente; magari ci hanno creduto per anni e hanno lottato contro ogni avversità, soprattutto da parte delle Banche Arpie del territorio.  Potrebbero fare di più, ma sono impossibilitati da carenza di capitale, di visione d’insieme del territorio, di  personale, dalla vacuità di connessioni con le realtà operanti nelle aree circostanti, dalla lungaggine delle autorizzazioni, dal taglieggiamento che subiscono le attività sia da parte degli organi legittimati a farlo che delle mafie che avanzano.
Gli altri esercenti e imprenditori cristallizzati nelle vecchie rendite di posizione rosicano, invidiano, traccheggiano, ostacolano, eccepiscono, fanno ricorso al TAR, chiedono varianti in corso d’opera, vanno a lamentarsi dal padrino politico il quale – nonostante le promesse ben ripagate dai voti nelle urne –  non ha reso edificabili le scarpate alberate, non ha permesso di concludere “l’affare del secolo” sulla costa Abruzzese.
D’altro canto, l’ignobile vergogna che ci vede colpevoli  spettatori e interpreti ammutoliti dell’immane tragedia umana che si svolge in  Afghanistan in questi giorni è frutto della stessa miopia predatoria; della mentalità coloniale,  reazionaria e contraria all’autodeterminazione; della mancanza di rispetto per la diversità  etnica, religiosa e vocazionale delle popolazioni; per l’uso di strane forme di cooperazione contemporanea che mirano ad asservire i popoli al mercato e non più, solo a una ideologia. Nessuno, in questa cornice su cui volteggiano nugoli di avvoltoi, si è mai posto il problema: Come fanno i bambini Afghani ( e tanti altri) a crescere “buoni” e sani?

Tutto ciò origina dalla presupponenza culturale e politica che ci sta accompagnando in quello che gli storici chiameranno “Declino e Collasso dell’Impero Occidentale” .

Sono passati oltre trent’anni da quando si è reso disponibile l’ex tracciato ferroviario su cui, per una certa parte, è nata la Via Verde ciclabile.
Si è sempre pensato che potesse trasformarsi in una preziosa e singolare risorsa. Si sa che il valore che assume un bene è sempre determinato, tra l’altro, dal suo valore d’uso e questo dipende anche dal riconoscimento sociale dello stesso. Sembra che su questi due elementi la popolazione abruzzese e, nella fattispecie, i cittadini dei paesi costieri della Provincia di Chieti, non abbiano ancora raggiunto un livello di civiltà sufficiente. Forse non la raggiungeranno mai , come dimostra Passo Lanciano e le permanenti  beghe tra Comuni confinanti e operatori riottosi, sostenuti da opposte fazioni politiche che si scontrano e lottano per impedire che altri facciano, ancor più che per dimostrare si saper fare in proprio.
Mentre altre stazioni turistiche decollavano, Passo Lanciano no.
Forse, sulla Costa e piano piano, le cose si aggiusteranno in un senso o nell’altro: per esempio, l’onda di entusiasmo di potenziali turisti vicini e lontani  si confronterà con i feedback positivi e quelli negativi (la fiducia e la buona reputazione, si sa, si costruiscono con un lavoro lento e coerente nel tempo e si perdono in un attimo);  la pista ciclabile, già dal prossimo inverno,  avrà bisogno di manutenzione che non si sa se e come verrà fatta dai Comuni; qualche buontempone inizierà a vandalizzare il vandalizzabile;    i giovani imprenditori inesperti rischieranno di fallire; le strutture disponibili (come le stazioni e i caselli abbandonati) verranno affidate agli amici incompetenti o lasciate nel degrado da chi le deve valorizzare a favore della collettività e del progresso civile.
Tutti daranno la colpa a qualcun altro, magari in 19 dialetti diversi.
Forse le cose andranno diversamente ma anche per questo: PEDALARE NECESSE EST!