Patrïòta è meno di essere umano

Il vocabolario Treccani, al termine patrïòta indica: la persona che ama la Patria e mostra il suo amore lottando o combattendo per essa. Allora, il problema si sposta sul significato di Patria: “Il territorio abitato da un popolo e al quale ciascuno dei suoi componenti sente di appartenere per nascita, lingua, cultura, storia e tradizioni”.

Siamo abituati a fare riferimenti continui ad astrazioni (i simboli sono la valuta corrente del linguaggio e delle relazioni sociali) ma riguardo al termine patrïòta sembra trovarsi una specie di saturazione concettuale. All’origine c’è un senso di appartenenza che, addirittura, connette il patriottismo al vantaggio evoluzionistico di formare gruppi sociali solidali di cacciatori-raccoglitori e questo, sia per effettuare battute di caccia più impegnative, sia per combattere insieme per la difesa, o la supremazia territoriale della propria tribù. La cooperazione, la solidarietà intraspecifica, il cameratismo sono una gran bella cosa: evocano l’altruismo, l’empatia, l’amicizia, l’identità individuale e di gruppo, ma il problema è che si sono evoluti nel branco e per i suoi fini esclusivi.

In altri termini, canonicamente, il patrïòta – nei confronti e nei confini della sua tribù – è un modello vantaggioso di socialità; al di fuori di questa, il patrïòta è  un infido, un razzista, un castigatore ed un nemico di tutti i “diversi”. A questo punto, brevemente, se si passa ad elencare i più patriottici tra i patrïòti dei nostri tempi, troviamo, in prima fila: Trump negli USA, Putin in Russia, Modi in India,  Bolsonaro in Brasile, Erdogan in Turchia, Johnson in Gran Bretagna. Una storia a parte è la Cina di Xi Jinping: un regime dittatoriale, patriottico, poco trasparente dove milioni di persone sono state bloccate in casa da un giorno all’altro e senza rifiatare per prevenire la diffusione del Covid-19. Tutto questo suscita invidia, impotenza nei succitati “patrïòti” che vorrebbero essere dittatori al pari di Xi Jinping, ma non ci riescono. Ciò, anche in ragione del fatto che la linea di condotta tenuta in Cina ha fermato l’epidemia, ha riaperto le scuole e le attività ed ha ripristinato un’economia che già cresce di nuovo, come nessun’altra. Ciò, mentre gli USA, la Russia, il Brasile o l’India, per esempio, viaggiano con un incremento giornaliero di migliaia di morti,  di disocupati  e di miliardi di dollari di debito pubblico.

Il trio Sal-Mel-Usconi – che vanta il monopolio del patriottismo in Italia e dell’ostilità verso l’integrazione europea ed il multilateralismo – non ha potuto fare i danni che il nazional-liberal-populismo ha fatto altrove, dove governa più o meno democraticamente. Tutti costoro, ad ogni modo, il concetto di Patria l’hanno interiorizzato a tal punto da applicarlo riduttivamente al branco che capeggiano. Pochi e fedeli sódali che considerano “il popolo a cui sentono di appartenere per nascita, lingua, cultura, storia e tradizioni” solo quelle fasce sociali o quei complici che li assecondano. Il branco non è acqua, come sanno bene gli “ultras” delle tifoserie calcistiche. Per questo è istruttivo guardare come il Covid-19 abbia rappresentato uno spartiacque tra il prototipo contemporaneo di “patrïòta” rispetto agli “universalisti”. I primi, hanno affermato che “tanto si deve morire”, hanno anteposto gli interessi economici alla difesa ad oltranza della vita, non hanno fatto scelte restrittive per limitare i contagi, hanno salvaguardato la salute delle élite e hanno mostrato indifferenza di fronte alla morte per asfissia di decine di migliaia di persone. In buona sostanza, hanno agito sulla base delle loro chiusure ideologiche, da criminali contro l’umanità e, ciò, al pari dei talebani in Afganistan, dell’Isis in Siria o dei jihadisti di Boko Haram in Nigeria. Ma questi non erano terroristi?… Se tutto si riconduce al concetto di Patria, se per essere “patrïòta” si devono abbandonare i principi etici che ci identificano come esseri umani, allora…Apolidi di tutto il mondo, uniamoci!